C’è un’ora della notte, sospesa tra il sonno e la veglia, in cui i pensieri si fanno più profondi, le emozioni più intense e la creatività, a volte, trova la sua strada più pura. È in questo spazio liminale, tra mezzanotte e le cinque del mattino, Wolfgang Webb il cantautore metà austriaco-canadese, ha dato vita al suo album molto atteso: “The Lost Boy”, che è uscito il 1 maggio 2025. E Bruno Ellingham, leggendario produttore-mixeur britannico (conosci Massive Attack, Everything But The Girl?). E Ellingham porta con sé l’eco inconfondibile del suono di Bristol degli anni ’90 e anche il sintetizzatore ARP preferito di Brian Eno degli anni ’70, dando a tracce come “The Ride” una profondità quasi tangibile.
Introdotti al suo universo sonoro fatto di ombre e introspezione, “The Lost Boy” promette di spingerci ancora più a fondo. È un album nato dall’insonnia, un compagno fedele per Webb, che trasforma le lunghe ore notturne in un laboratorio alchemico. “Tutto è stato fatto nella mia stanza… È in quel momento che succede la magia,” confida l’artista, e nei suoi occhi si accende una scintilla che sa di mistero e rivelazione.
Questa non è solo musica; è una forma di terapia, un processo catartico dove i demoni della mortalità, il fantasma delle connessioni perdute e le intricate vie della guarigione prendono forma sonora. Webb stesso ammette di trovare chiarezza solo a opera conclusa, come se le canzoni fossero messaggi da un subconscio che emerge solo nel silenzio della notte.
A impreziosire ulteriormente questo viaggio c’è la mano esperta di Bruno Ellingham, produttore britannico leggendario (avete presente Massive Attack, Everything But The Girl?). Ellingham porta con sé l’eco inconfondibile del Bristol sound degli anni ’90 e persino il mitico sintetizzatore ARP di Brian Eno degli anni ’70, donando a brani come “The Ride” una profondità quasi tattile. E come non rimanere sospesi su quel verso, “And what are we? / Besides the truth”, che risuona come una domanda esistenziale lanciata nell’oscurità?
Ma “The Lost Boy” non è solo elettronica. In tracce come “Is It OK To Fall?”, le chitarre emergono prepotentemente, tingendo il panorama digitale con sfumature che ricordano la new wave sognante e malinconica dei The Cure e l’alt-rock visionario dei Love and Rockets.
Il biglietto da visita di questo nuovo capitolo è il singolo e video “March”, un brano ipnotico che ci trascina nel cuore del concept dell’album. Qui, la voce eterea e celestiale di Esthero, acclamata cantautrice di Los Angeles, diventa la guida, l’angelo custode del “ragazzo perduto” di Webb. “Tutti hanno bisogno che Esthero canti loro per dormire. È tutto ciò,” dice Webb con entusiasmo palpabile, sottolineando la passione e la perfezione della loro collaborazione.
Il video di “March”, curato insieme alla direttrice creativa Shauna MacDonald, è un’opera visiva che ha richiesto mesi di lavoro, un vero e proprio “semestre”, come lo definisce Webb. È un arazzo intessuto di echi antichi e bellezza decaduta: rovine che sussurrano storie, pietre consumate dal tempo, sentieri che si perdono nell’ignoto, torri elettriche come moderni monoliti e, naturalmente, angeli. Un’esperienza visiva carica di simbolismo, che sfida e invita alla riflessione.
“The Lost Boy” si preannuncia come molto più di un semplice album. È un invito a esplorare le nostre stesse notti insonni, le nostre connessioni perdute, le nostre personali battaglie per la guarigione. È la testimonianza che anche nelle ore più buie, può nascere una luce, una melodia, una forma di magia.
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